Prefazione

"L'artrosi di ginocchio è una delle più frequenti affezioni dell’uomo. Il fisiologico invecchiamento dell’organismo accompagna l’individuo nella seconda parte della sua vita a manifestare un dolore al ginocchio che progressivamente diventa invalidante. Nuove tecnologie conservative associate ad interventi chirurgici preventivi o sostitutivi riescono a migliorare la qualità della vita. I miei collaboratori Massimo Pompili e Alessio Pedrazzini tracciano un quadro esauriente e comprensibile di questa condizione."

Prof. Francesco Ceccarelli


COS’È L’ARTROSI?

L’artrosi o osteoartrosi (O. A.) è la più comune affezione degenerativa articolare, ad andamento cronico, che si caratterizza per il dolore e la limitazione funzionale delle articolazioni. È una delle più comuni malattie invalidanti ad elevato impatto sociale, economico e lavorativo. L’artrosi colpisce l’essere umano a partire dai 40 anni circa, ma generalmente solo negli individui oltre i 60 anni diventa sintomatica. Essa coinvolge l’intera struttura articolare determinando modificazioni della cartilagine articolare, dell’osso sottostante, della membrana sinoviale e delle strutture capsulo-legamentose. Nessuna persona che raggiunga la vecchiaia può considerarsi esente da tale patologia ed è da ritenersi quasi come un’evoluzione naturale.


E NEL GINOCCHIO?

Nell’artrosi di ginocchio o gonartrosi distinguiamo una forma primitiva o idiopatica e una forma secondaria ad altre patologie. Più spesso un pregresso trauma, le deviazioni assiali ma anche patologie distrettuali come gli esiti di osteocondrite dissecante, le meniscectomie e la lesione dei legamenti predispongono all’insorgenza precoce della malattia. Il ginocchio è tra le sedi più frequentemente interessate dall’osteoartrosi: si manifesta tipicamente con dolore e limitazione funzionale.


ESISTONO SITUAZIONI PREDISPONENTI?

Molte sono le situazioni che predispongono all’insorgenza dell’artrosi del ginocchio:

  • LE MALATTIE GENETICHE non è possibile intervenire in alcun modo su queste cause;

  • LA FAMILIARITÀ si può cercare di evitare, per quanto possibile, con gli stili di vita e lavorativi, l’esposizione al freddo, all’umidità e ai piccoli traumi ripetuti che nel loro insieme, su lunghi periodi di tempo, favoriscono l’insorgenza dell’artrosi;

  • IL SOVRAPPESO seguire una corretta dieta alimentare e mantenere il peso forma entro limiti accettabili;

  • DIFETTI DI ALLINEAMENTO DELL’ARTO INFERIORE si può intervenire chirurgicamente correggendo preventivamente il difetto;

  • LAVORI ALTAMENTE USURANTI deve essere ridotta l’esposizione all’affaticamento articolare;

  • L’ATTIVITÀ SPORTIVA se praticata a livello agonistico e per molti anni, i traumatismi ripetuti portano inevitabilmente alla comparsa precoce dell’artrosi e particolarmente negli sport di contatto. Si può solo ritardare l’insorgenza dell’artrosi riducendo, per quanto possibile, i fattori sopraelencati.


SINTOMATOLOGIA

Il dolore è il sintomo più caratteristico ma non esclusivo, dapprima lieve e sporadico poi intenso e continuo. È il dolore che spinge il paziente a recarsi dal medico curante e dallo specialista perché causa disabilità fisica e un peggioramento della qualità di vita. All’inizio il dolore è presente solo quando è richiesta una maggiore sollecitazione come nel salire e scendere le scale o nel cammino prolungato, poi, nelle forme avanzate, è presente anche a riposo, talvolta notturno, specie nei cambiamenti meteorologici. Il dolore è spesso riferito sia in sede anteriore che posteriore e tende ad accentuarsi durante il cammino per poi regredire con il riposo. Il gonfiore del ginocchio è segno di versamento articolare ed è confermato dal ballottamento rotuleo in presenza di una raccolta di liquido. Il crepitio può essere provocato con la palpazione, talvolta udito durante il movimento articolare ed è indicativo di alterazioni degenerative cartilaginee, soprattutto se associato a dolore.


DIAGNOSI

La diagnosi si basa sulla sintomatologia, l’esame clinico e gli accertamenti radiologici convenzionali. Non esiste una correlazione lineare tra sintomatologia e deficit funzionaleda un lato e dato radiografico dall’altro. Infatti, se si considera l’età (anziani oltre i 65 anni), la prevalenza della gonartrosi come manifestazione clinica varia tra il 9 e il 17% (più alta nelle donne) mentre, se si considera l’aspetto radiologico, l’incidenza di questa patologia aumenta sensibilmente (uomini 33%; donne 37%). Il dato più significativo è che le manifestazioni cliniche dell’artrosi aumentano in maniera esponenziale con il passare degli anni fino a poter dire che in età avanzata, dopo i 70 anni, nessun paziente è esente dall’artrosi radiografica. L’esame obiettivo è indispensabile per valutare la stabilità articolare, le deviazioni assiali, la motilità, rumori articolari e rigidità. Si deve osservare il paziente anche in stazione eretta per valutare l’allineamento dell’arto inferiore; si evidenzia così la presenza o meno di deviazioni dell’asse femoro-tibiale (varismo o valgismo di ginocchio) e l’eventuale differenza di lunghezza degli arti inferiori.


ESAME RADIOGRAFICO

A tutt’oggi, nonostante le più moderne tecniche di imaging, la radiologia convenzionale tradizionale resta una tecnica fondamentale ed irrinunciabile nello studio della gonartrosi: permette l’identificazione delle lesioni elementari, la valutazione dell’entità del danno anatomico in generale e il controllo della progressiva degenerazione articolare nel tempo. 

Sono sufficienti le radiografie nelle due proiezioni standard, una in antero-posteriore AP sotto carico (cioè in piedi) e una in laterale – LL.

Con la proiezione radiografica AP si può valutare il restringimento della rima articolare, l’irregolarità delle superfici cartilaginee, la presenza di cisti subcondrali e di ossificazioni marginali. Ove necessario, la teleradiografia panoramica degli arti inferiori consente di valutare l’allineamento femoro-tibiale misurando l’angolo formato dall’intersezione degli assi longitudinali di femore e tibia. In stazione eretta è normalmente presente un valgismo di 5°-7°: quest’angolo è frequentemente alterato con un ginocchio varo più raramente con un ginocchio valgo. Radiograficamente la gonartrosi viene divisa in stadi di gravità crescente dal grado zero al quarto grado secondo la classificazione di Kelgren e Lawrence come illustrato in tabella 1.


TERAPIA

L’obiettivo della terapia dell’artrosi di ginocchio si prefigge effetti a breve termine, per quanto riguarda il controllo del dolore e la riduzione dell’infiammazione, e, a medio e lungo termine, il rallentamento della progressione, la prevenzione delle deformità e il recupero del movimento. Per conseguire tale obiettivo possono essere utilizzate terapie mediche o chirurgiche che trovano precise indicazioni a seconda dell’età del paziente e della gravità dell’artrosi. Il paracetamolo è il farmaco di elezione da considerare come prima scelta, molto conveniente per il rapporto rischio beneficio e costi; se efficace può essere continuato nel tempo fino a dosi di 3 g/die. Al fine di potenziarne l’effetto, sono stati prodotti farmaci in cui, al paracetamolo, è stato associato un analgesico puro come i derivati oppiacei (codeina, tramadolo, ossicodone). Gli antinfiammatori non steroidei cosiddetti – FANS – sia tradizionali che anti Cox 2, sono farmaci utilizzati per la particolare efficacia e rapidità d’azione; il loro uso però deve essere limitato nel tempo, specie per quelli tradizionali, a causa della più elevata frequenza di effetti secondari indesiderati come ulcere e sanguinamenti gastrointestinali; in particolare vanno presi in considerazione nei pazienti che non rispondono al paracetamolo. Un’altra classe di farmaci usata nell’O. A. sono i cosiddetti symptomatic slow-acting drug (SYSADOA), integratori alimentari a base di condroitinsolfato, un componente base della cartilagine articolare: assunti per via orale, essi si prefiggono di mantenere la normale elasticità e consistenza della cartilagine, ma non hanno efficacia quando l’artrosi è già manifesta. Le infiltrazioni intrarticolari di cortisonici a lunga durata d’azione sono indicate per le fasi acute di dolore soprattutto se associate a versamento articolare e comunque vanno eseguite con parsimonia poiché gli steroidi possono ledere la cartilagine se somministrati ad alte dosi e ripetutamente a breve distanza di tempo. L’acido ialuronico, comparso sul mercato circa 30 anni fa, va affermandosi sempre più: è una sostanza naturale presente nel liquido articolare detto sinoviale di cui si propone di ricreare consistenza e caratteristiche fisico-chimiche; ne esistono vari tipi che si distinguono per il diverso peso molecolare e quindi per la diversa consistenza fisica. L’infiltrazione intrarticolare con acido ialuronico ha permesso di ridurre drasticamente l’assunzione di FANS, analgesici e steroidi, ottenendo una significativa riduzione del dolore e un netto miglioramento della funzione articolare nei pazienti affetti da gonartrosi iniziale. Iniettato nelle articolazioni l’acido ialuronico induce una normalizzazione della visco elasticità del liquido sinoviale stesso e un’attivazione dei processi di riparazione della cartilagine determinando una riduzione della sintomatologia dolorosa e un miglioramento della funzionalità articolare. Questa terapia è anche nota come viscosupplementazione (VS). Nel tempo l’industria è riuscita ad aumentare il peso molecolare dell’acido ialuronico fino ad arrivare a dosi di 1.200.000 Dalton. La bassa incidenza di effetti collaterali e la sicurezza della manovra infiltrativa, rendono questi prodotti particolarmente indicati in tutti pazienti affetti da gonartrosi specie laddove i fans siano controindicati o sconsigliati. La viscosupplementazione inoltre, contrariamente ai FANS, può essere eseguita anche in pazienti in terapia con farmaci, anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici. Col passare degli anni un numero sempre crescente di pazienti trova giovamento dalle infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico, con un beneficio più evidente nelle forme di lieve-media gravità; un po’ meno nei casi più gravi ove, quando indicato, è meglio eseguire l’intervento chirurgico. A questo riguardo, le osteotomie (interventi correttivi dell’asse delle ossa lunghe) rappresentano un rimedio di grande efficacia purchè eseguite preventivamente prima che si instaurino fenomeni degenerativi e vengono praticate sul femore o sulla tibia a seconda del difetto di asse femoro tibiale da correggere. L’impianto di artroprotesi, monocompartimentale o totale, diventa inevitabile quando le altre terapie hanno fallito. Nonostante il rischio operatorio sia molto basso e la durata delle protesi superi ormai la media dei 15 anni, si preferisce procrastinare l’intervento fino ai 60-65 anni. Non è definito quale sia il limite minimo di età, ma un impianto protesico va evitato nelle persone giovani o relativamente giovani, se non in casi particolarmente gravi e selezionati. D’altro canto, nei pazienti che abbiano già compiuto 70 anni, in presenza di un quadro artrosico grave non esiste alcun motivo per procrastinare l’intervento, in quanto la presenza di gravi deformità articolari o l’atteggiamento dell’arto in posizione viziosa ne limita il risultato.


NOVITÀ TERAPEUTICA

Negli ultimi anni è stato commercializzato un nuovo acido ialuronico ad altissimo peso molecolare e ad elevata viscosità che trova indicazione anche nelle forme artrosiche più conclamate. Grazie all’utilizzo di questo prodotto un beneficio clinico, seppur meno evidente, è stato rilevato anche nei pazienti con osteoartrosi più grave (4° grado) laddove, per i più svariati motivi, non è possibile eseguire un intervento chirurgico di artroprotesi. Il miglioramento che si ottiene con una sola seduta si protrae per un tempo abbastanza lungo, circa 6 mesi e oltre a mitigare o ridurre la sintomatologia algica, migliora nettamente anche la funzionalità articolare e quindi lo svolgimento delle attività quotidiane. Questo consente una significativa riduzione dell’assunzione di farmaci analgesici e anti-infiammatori. Nella somministrazione bisogna fare attenzione che tutta la sostanza (3 ml) vada nella cavità articolare altrimenti risulta molto dolorosa la sua presenza nei tessuti molli, anche se nel giro di circa 15 giorni il dolore svanisce. Con alcuni accorgimenti rispetto ad una infiltrazione tradizionale si può ovviare a questo inconveniente. Nella nostra esperienza di circa 6 anni numerosissimi pazienti sono in trattamento con tale metodica di cui circa 2/3 con beneficio e 1/3 in attesa di impianto protesico.

Il suo impiego trova sempre più spazio, sia nei pazienti relativamente più giovani nei quali è ancora sconsigliata una protesi di ginocchio sia nei pazienti che sono in attesa di intervento o che, pur avendo una O. A. marcata ed una età maggiore di 65 anni non possono essere sottoposti ad un intervento chirurgico a causa delle patologie concomitanti. L’approccio terapeutico che adottiamo può essere schematizzato come segue: 1° grado: terapia medica antinfiammatoria ed antalgica e/o cure fisioterapiche, riposo; 2° grado: come il grado 1, più infiltrazioni intrarticolari con acido ialuronico a bassomedio peso molecolare o intervento di correzione di eventuali deviazioni assiali in relazione all’età del paziente; 3° grado: come grado 1 più infiltrazioni intrarticolari con acido ialuronico a medio/alto peso molecolare e uso di un tutore ortopedico oppure intervento chirurgico di osteotomia o impianto di artroprotesi monocompartimentale o totale in rapporto all’età del paziente e al quadro radiografico; 4° grado: intervento chirurgico. Laddove non è possibile intervenire, come seconda scelta sono consigliate infiltrazioni intrarticolari con acido ialuronico ad altissimo peso molecolare associate o no a cortisonici a lento rilascio e uso di un tutore ortopedico.


   
 
Specialista in Ortopedia e Traumatologia, in Idrologia Medica, Master in Chirurgia della Mano,
Diploma di Tecniche Microchirurgiche


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